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Il falso mito dei conti all’estero

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Portare i soldi in una banca straniera non sempre può essere conveniente come sembra: un trend percepito ben oltre la realtà.
Non esistono più i paradisi fiscali di una volta. Oggi come oggi trasferire dei capitali all’estero, in cerca di minori costi di tassazione e maggiore protezione del patrimonio, forse non è la scelta più giusta. Si spende meno in Italia e inoltre tenere soldi oltre confine lascia esposti ai rischi di prelievi forzosi (come accaduto con la patrimoniale del ’92). Si tratta di un falso mito da sfatare, proveniente da un passato superato.
Andiamo con ordine: quando si sceglie di aprire conti all’estero, c’è da considerare che spesso ci si ritrova a pagare commissioni molto alte sui prelievi agli ATM (in alcuni casi, come in Francia, si aggirano attorno ai cinque euro).
Non solo, ai non residenti le banche straniere impongono spesso delle soglie minime d’ingresso considerevoli. E come detto, non si sfugge alla tracciabilità fiscale: chi apre un conto tradizionale o online fuori dall’Italia, dovrà trasferirvi il denaro con un bonifico o versarlo direttamente in agenzia, e in entrambi i casi la legge prevede che le somme vadano dichiarate al Fisco.
Dunque, considerando i costi, i vincoli e la tracciabilità, il mito estero tramonta. Portare i soldi in un istituto straniero non è affatto una soluzione conveniente. In Italia invece senza condizioni onerose o restrittive, si possono aprire conti praticamente a costo zero. Niente spese per i prelievi, carta di credito e bonifici. Sono i casi dei conti di IngDirect, WeBank e tante altre. Altro che paradiso fiscale: restare in Italia è molto meglio.
Chi apre un conto all’estero deve dichiarare la somma all’Erario.
L’alternativa è rivolgersi a una fiduciaria che si occupi del trasferimento oltreconfine. Così non servono dichiarazioni fiscali, perché è la fiduciaria, agendo da sostituto d’imposta, ad applicare le tasse sui capitali. Ma ci sono spese da sostenere: 34,20 euro a titolo di bollo; 2 per mille sul deposito titoli e 25% degli interessi attivi sui conti deposito. A quest’ultima aliquota bisogna poi aggiungere quella applicata alla fonte su dividendi e interessi, che in Francia e Svizzera è rispettivamente 30% e 35%. Per esempio, chi apre un conto nel Principato di Monaco ha gratis il libretto di assegni (versando almeno 20 mila euro) e paga sul canone della carta di credito 40 euro annuali. Ma avrà anche spese di tenuta conto di 40 euro l’anno e 5 euro di commissioni sui prelievi agli ATM.

Fonte : Patrimonia News – Dicembre 2018

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